domenica 4 dicembre 2011

Death Comes to Pemberley

La notizia l’ha data The Guardian alla fine di ottobre: il capolavoro della scrittrice inglese Jane Austen è diventato un giallo. La coppia più amata da generazioni di lettori, quella formata da Elizabeth Bennet e Mr. Fitzwilliam Darcy, è adesso anche una coppia di improvvisati investigatori. L’autrice che si è cimentata in questa impresa non poteva che essere una inglese doc, ovvero Phyllis Dorothy James White, meglio nota come P.D. James, classe 1920  e membro permanente della House of Lords.
Il libro è appena uscito in Gran Bretagna, per l’esattezza il 3 novembre di quest’anno. Il titolo è intrigante: Death Comes to Pemberley. Pemberley è la mastodontica dimora di Darcy, quella per intenderci che induce Elizabeth a un clamoroso ripensamento e le fa decidere che Darcy poi non è così antipatico come sembrava! La storia comincia sei anni dopo la conclusione del romanzo di Jane Austen. Elizabeth e Darcy sono già marito e moglie. Durante un ballo a casa loro, si presenta alla porta Lydia, la sorella scapestrata di Elizabeth.
Lydia urla come una pazza: suo marito George Wickham, dapprima pretendente di Elizabeth e poi seduttore di Lydia, è stato ucciso. Il resto è un vero e proprio giallo. "It's a very serious detective story" ci tiene a sottolineare P.D. James, che ha lavorato al romanzo per ben due anni, benché l’idea pare che l’abbia avuta molto prima.  
La novantunenne inglese pluripremiata autrice di gialli dice che con Death Comes to Pemberley ha unito due amori: il delitto e Jane Austen: "Mi devo scusare con Jane Austen per aver implicato la sua amata Elizabeth in un’indagine per omicidio, ma mi intrigava moltissimo poter unire queste due mie passioni."
Ci auguriamo che il titolo venga tradotto quanto prima per poter godere anche noi della morte che arriva a Pemberley.

© Violet Blunt

martedì 1 novembre 2011

LA NOTTE DI VILLA DIODATI

a cura di Violet Blunt


Da pochi giorni è arrivato in libreria il volume "La notte di Villa Diodati" che, oltre a riunire "Frankenstein" "La sepoltura" e "Il vampiro" in una nuova traduzione, si avvale di un completo e aggiornato saggio di Danilo Arona. La casa editrice che ha stampato questa prestigiosa nuova edizione dei capolavori di quella notte, è la Nova Delphi Libri di Roma: www.novadelphi.it
Un volume imperdibile per gli amanti del gotico e soprattutto per gli estimatori della formidabile donna che da il nome al nostro sito: Mary Shelley.

giovedì 13 ottobre 2011

Giallo Mondadori - Finalisti Premio Tedeschi 2011


La redazione de Il Giallo Mondadori è lieta di comunicare i finalisti alla 32a edizione del Premio Tedeschi, il cui vincitore sarà pubblicato sul numero di dicembre della storica collana Mondadori dedicata al giallo e al thriller.

Ecco i finalisti in ordine alfabetico:

Monica Bartolini
Le geometrie dell’animo omicida

Piera Carlomagno
Le notti della macumba

Antonino Fazio
La corsa dello scoiattolo

Cinzia Giorgio
L’enigma Botticelli

Marzia Musneci
Ingadine di copertura

Il Premio Tedeschi è stato istituito nel 1980 alla memoria di Alberto Tedeschi, storico direttore di Il Giallo Mondadori e grande esperto di questo genere letterario, deceduto nel 1979.
L’albo d’oro dei vincitori
- 1980 - Loriano Macchiavelli - Sarti Antonio: un diavolo per capello
- 1981 - Massimiliano Sossella - Nessuno conosce nessuno
- 1982 - Enzo Ferrea - Quando muore mammina
- 1983 - Franca Clama - La valle delle croci spezzate
- 1984 - Maria Alberta Scuderi - Assassinio al Garibaldi
- 1985 - Claudia Salvatori - Più tardi, da Amelia
- 1986 - Nino Filastò - La tana dell’oste
- 1987 - Domizia Drinna - Troppo bella per vivere
- 1988 - Giorgio Bert - Una morte inutile
- 1989 - Gianni Materazzo - Delitti imperfetti
- 1990 - Danila Comastri Montanari - Mors tua
- 1991 - Anna Maria Fontebasso - Complesso di colpa
- 1992 - Mario Coloretti - Dietro la luce
- 1993 - Carlo Lucarelli - Indagine non autorizzata
- 1994 - Lucio Dall’Angelo, Aldo Sorlini - Il libro di Baruc
- 1995 - Vincenzo De Falco, Diana Lama - Rossi come lei
- 1996 - Linda Di Martino - L’incidente di via Metastasio
- 1997 - Nello Rossati - La valle delle baccanti
- 1998 - Giancarlo Narciso - Singapore Sling
- 1999 - Annamaria Fassio - Tesi di laurea
- 2000 - Giulio Leoni - I delitti della Medusa
- 2001 - Gianfranco Nerozzi - Cuori perduti
- 2002 - Massimo Carloni, Antonio Perria - Il caso Degortes
- 2003 - Lorenzo Arruga - Suite algérienne
- 2004 - Vittorio Paganini - Il sequestro
- 2005 - Massimo Pietroselli - Il palazzo del diavolo
- 2006 - Stefano Pigozzi - Metal Detector
- 2007 - Gianluca Durante - Altravita
- 2008 - Enrico Luceri - Il mio volto è uno specchio
- 2009 - Roberto Riccardi - Legame di sangue
- 2010 - Alex B. Di Giacomo - Punto di rottura

venerdì 1 luglio 2011

Novità (si fa per dire) in libreria


di Violet Blunt


La notizia è della fine di giugno: ben presto ritroveremo in libreria i grandi capolavori del romanzo gotico internazionale.

Si parte dalla nostra cara Mary Shelley (1797-1851) con il suo capolavoro Frankenstein. Pochi libri sono entrati nell'immaginario collettivo come il romanzo gotico di Mary Shelley, così Einaudi ci ripropone il classico dei classici horror in edizione tascabile (Einaudi pp. 248 - 8,50 euro) nella traduzione di Luca Lamberti con prefazione dell'anglista Nadia Fusini.

Frenkenstein non è la sola novità editoriale dell'estate 2011. Una novella nera, un classico del gotico e dell'horror più puro e devastante:  una contessa, la bella Aurelia, passa le notti dilaniando cadaveri... con la voracità di un lupo! Torna in libreria dopo più di mezzo secolo Vampirismo (Il Melangolo, pp. 56 - 8 euro) di E.T.A. Hoffmann (1776-1882) in una versione illustrata da Luca Crippa, con la postfazione di Michel David.

Da non leggere all'imbrunire...

© Violet Blunt

mercoledì 15 giugno 2011

mercoledì 15 giugno 2011 ore 21

Godetevi l'eclisse della nostra amica Luna...

venerdì 6 maggio 2011

Il segreto di Lady Audley

 Di Violet Blunt

Il segreto di Lady Audley è il romanzo che ha reso famosa e ricchissima la scrittrice inglese Mary Elizabeth Maxwell Braddon. Pubblicato nel 1862, originariamente diviso in tre volumi, il segreto di Lady Auderly uscì contemporaneamente a una versione serializzata, pubblicata a puntate sui giornali britannici Robin Goodfellow e Sixpenny Magazine.
Mary Elizabeth Maxwell Braddon nacque nel cuore di Londra il 4 ottobre 1837 nel quartiere di Soho, i suoi genitori, entrambi di origini irlandesi, si separarono quando aveva solo tre anni a causa dell’inaffidabilità del padre, impiegato in uno studio di avvocati. Costrette a condurre una vita dal tenore molto modesto, madre e figlia cercarono diversi modi per sbarcare il lunario, e la giovane Mary Elizabeth decise di calcare le scene con il nome d'arte di Mary Seyton per tre anni, nei quali recitò soprattutto nei piccoli teatri di provincia. Fu autrice di circa settanta romanzi, direttrice di periodici famosi dell'epoca come «Belgravia».
Il romanzo segue le vicende del detective Robert Audley che cerca di scoprire cosa sia accaduto al suo amico George Talboys. Ma un ulteriore mistero lo dilania: chi è veramente Lucy Audley, la moglie di suo zio? Durante la sua ricerca, Robert deve fare i conti con le menzogne, l'inganno, e anche un tentato omicidio nei suoi confronti. Il segreto di Lady Audley gioca sulle inquietudini e la pruderie dell’Inghilterra vittoriana. Il fulcro della società del periodo era infatti la sfera domestica. La casa era considerata un rifugio dai pericoli esterni. Tuttavia, non sempre ciò che appare in un modo è proprio ciò che sembra: la donna apparentemente perfetta si rivela essere una violenta criminale, che non solo ha cercato di commettere un omicidio, ma è bigama e ha abbandonato il suo bambino. I crimini di Lady Audley turbano e insozzano la sfera domestica vittoriana, rimuovono la sicurezza della casa.
Sebbene il romanzo trattasse di temi scottanti (bigamia, omicidio e violenza sui minori), ebbe un grande successo. Si dice che la Braddon si sia costruita una villa dall’inqueitante nome di Lady Auderly Manor dal ricavato delle vendite. Il successo arrivò non solo perché il romanzo andava a scavare nell’universo torbido del retroscena borghese e aristocratico dell’epoca, ma anche perché sfatò il mito della "perfect lady/mother" e "domestic bliss". Lady Audley è in grado di cambiare la sua identità in una città, dove ognuno è effettivamente anonimo, alienato. La piccola cittadina di Audley non è più un rifugio dove ognuno conosce i suoi vicini, ma un luogo oscuro dove homo hominis lupus. Nel romanzo la donna che sembra incarnare la perfezione domestica dell’ideale vittoriano risulta poi essere, al contrario, una criminale senza scrupoli. Quella di Lady Audley è oltretutto una vicenda di classi sociali e una sorta di vademecum del comportamento vittoriano. Un manuale di "how to", in cui la pazzia sconvolge le regole. Ma Lady Audley non è affatto pazza. Molti critici hanno visto in lei un’antesignana del movimento femminista, una donna che ha solo deciso di prendere il controllo totale della sua vita, a ogni costo e a un prezzo altissimo. Il romanzo pare che sia ispirato alla vicenda giudiziaria di Constance Emily Kent. Constance era una giovane donna, appena sedici anni, che aveva confessato l’uccisione del suo bambino. Il Constance Kent case scatenò nel 1865 un vespaio di polemiche e di dissensi sui privilegi e sulla doppia morale nella disparità di trattamento tra uomo e donna. Constance, che durante il carcere si dedicò ai mosaici (alcuni dei quali si trovano nella cattedrale di Saint Paul a Londra) fu rilasciata nel 1885, a 41 anni.  Combiò il suo nome in Ruth Emilie Kaye.
Il primo impianto del plot di Lady Audley's Secret risale proprio al periodo del caso Kent. Constance Kent sembra incarnare e rivivere in molte delle protagoniste femminili del romanzo: l’assassina Lady Audley, la poco femminile Alica Audley, la timorata Phobe Marks, la solitaria Clara Talboys. Mentre Jack Whicher, l’investigatore che si occupò del caso Kent molti critici lo hanno equiparato a Robert Audley.
Tra gli altri romanzi della Braddon vanno ricordati:  Aurora Floyd (1863), John Marchmont’s Legacy (1863), Dead Men’s Shoes (1876), Vixen (1879), Asphodel (1881), London Pride (1896), e The Green Curtain (1911).
Elizabeth si sposò nel 1874 con John Maxwell, un editore con il quale conviveva, non appena la moglie di lui morì, dopo la degenza in un ospedale psichiatrico. Ebbero due figli, W.B. Maxwell e Gerald Maxwell che divennero anche loro romanzieri.

Film tratti dal romanzo:
  • Lady Audley's Secret di Herbert Brenon e Otis Turner con Jean Feamley, 1912
  • Lady Audley's Secret  di Marshall Farnum con Theda Bara, 1915.
  • Lady Audley's Secret  di Jack Denton con Margaret Bannerman, 1920.
  • Lady Audley's Secret della BBC, 2000.

© Violet Blunt 2011

venerdì 8 aprile 2011

Ann Radcliffe

di Violet Blunt

Ann Ward Radcliffe nasce nel quartiere londinese di Holborn il 9 luglio del 1764 ed è considerata la madre del romanzo gotico inglese. Suo padre, Mr. Ward, era un commerciante e la famiglia godeva di un’ottima rendita. Nel 1787, Ann, all’età di 23 anni,  sposò William Radcliffe, un giornalista che la incoraggiò a seguire e sviluppare il suo talento letterario. I suoi primi romanzi, The Castles of Athlin and Dunbayne (1789) e A Sicilian Romance (1790) furono pubblicati anonimi ed ebbero uno straordinario successo. Tanto che la Radcliffe scrisse e pubblicò subito dopo il suo terzo romanzo: The Romance of the Forest (1791), ambientato nella Francia del XVII secolo. Già nelle prime opere è presente l'atmosfera tipica della maggior parte dei suoi lavori, in particolare la tendenza a coinvolgere innocenti e giovani eroine nelle vicende descritte, che solitamente si svolgono in tenebrosi castelli di nobili dal passato misterioso.

Ma fu il quarto romanzo a consacrarla la regina indiscussa del gotico inglese: The Mysteries of Udolpho, (I Misteri di Udolpho, 1794, pubblicato dalla casa editrice G.G.& J. Robinson di Londra), con cui divenne la scrittrice più letta di tutto il Regno Unito. Forse il miglior romanzo della Radcliffe, originariamente pubblicato in quattro volumi, è ambientato nel 1584 ed è la storia dell’orfana Emily St. Aubert che va a vivere con la zia Madame Cheron. La zia sposa però un italiano, un certo Montoni, dall'oscuro passato. L'uomo porta la moglie e Emily a Udolpho, separando la ragazza dal suo innamorato Valancourt. Rinchiude poi le due donne in un castello infestato e terrificante sugli Appennini, costringendole a firmare un documento con cui gli cedono tutte le loro proprietà. Dopo una serie di eventi terribili, Emily riesce a fuggire dal castello, a prendere il controllo dei suoi averi e a ritrovare Valancourt, con cui finalmente si sposa. La grande importanza del romanzo sta nella capacità dell'autrice di mantenere coerente la trama e di fornire una spiegazione razionale per ogni avvenimento, seppur straordinario, che accade nel castello. Oltre alla famosissima parodia di Jane Austen (Northangher Abbey, terminato nel 1808 ma pubblicato postumo nel 1818), il romanzo è stato ripreso anche da Sir Walter Scott, che la definì: the first poetess of romantic fiction.” Tra gli ammiratori dei Misteri di Udolpho i più illustri sono stati certamente Lord Byron, Samuel Taylor Coleridge e Cristina Rossetti.

Con The Italian (L’Italiano, 1797), la Radcliffe si realizza pienamente come autrice matura e capace di descrivere il mondo gotico come nessun altro. Non solo per la struttura narrativa, i dialoghi e la complessa e articolata costruzione del plot, ma anche per il terribile personaggio principale: Schedoni, un monaco dal fisico possente e dagli atteggiamenti sinistri, che viene descritto come con una profondità psicologica intensa e vitale.

Ann Radcliffe guadagnò moltissimo con i suoi romanzi soprattutto con The Mysteries of Udolpho e con The Italian. Vendendone I diritti per £500 il primo e £800 per il secondo. Cifre da capogiro per l’epoca. Dopo questi due romanzi non pubblicò più narrativa, anche perchè aveva guadagnato abbastanza da vivere di rendita per tutto il resto della sua vita.

Nota per la sua timidezza, Ann Radcliffe conduceva una vita molto riservata e non visitò mai i luoghi da lei descritti con dovizia di particolari. Il suo unico viaggio all’estero fu una visita in Olanda e Germania, nel 1794 cioè dopo aver scritto la maggior parte dei suoi romanzi. La sua esperienza all’estero è descritta nel diario: A Journey Made in the Summer of 1794 (1795).
Ann Radcliffe morì il 7 febbraio 1823 a causa di problemi respiratori, probabilmente dovuti a una polmonite.

Bibliografia in Italiano

Anna Radcliffe, La foresta perigliosa, o L'abazia di Santa Chiara, 2 volumi; pp. 130 e 132, Milano, Ferrario, 1863.
Ann Radcliffe, La tomba, Roma, R. Perino, 1887.
Anna Radcliffe, Giulia o I sotterranei del castello di Mazzini, Milano, E. Sonzogno, 1889.
Ann Radcliffe, Le visioni del castello dei Pirenei, Firenze, Salani, 1902.
Ann Radcliffe, Vittoria Sanna (a cura di), I misteri di Udolpho, (The Mysteries of Udolpho), Roma, Theoria, 1990.
Ann Radcliffe, Rita Bernini (a cura di), Romanzo siciliano, (A Sicilian Romance), Palermo, Sellerio, 1991.
Ann Radcliffe, L'italiano, ovvero Il confessionale dei penitenti neri, (The Italian, or The confessional of black penitents), Milano, Frassinelli, 1995.
Ann Radcliffe, L’Italiano (The Italian), Milano, Mondadori, 2010.

© Violet Blunt 2011

venerdì 4 marzo 2011

The Old English Baron (1777)

di Violet Blunt
Clara Reeve nasce a Ispwich il 23 gennaio 1729 dal reverendo William Reeve, curato di St. Nicholas e da una delle figlie del gioielliere di Re Giorgio I. Ha scritto diversi romanzi, tra cui solo The Old English Baron, (Il Vecchio Barone Inglese, in un primo momento intitolato The Champion of Virtue) viene ricordato oggi. Scritto nel 1777 a imitazione del Castle of Otranto (Il Castello di Otranto) di Sir Horace Walpole, il romanzo della Reeve ha influenzato la stesura del più celebre Frankenstein di Mary Shelley. Tra le altre operedi Clara Reeve va citato il romanzo epistolare The School for Widows (1791), e la sua innovativa storia del romanzo, The Progress of Romance (1785), che viene generalmente considerata un precursore degli studi sulla nascita e sull’evoluzione del romanzo femminile inglese del XVIII secolo. La Reeve, assieme a Elizabeth Rowe (1674–1737) e Susannah Dobson (morta nel 1795) viene infatti considerata una delle iniziatrici incontrastate della narrativa femminile del periodo. Il Vecchio Barone Inglese venne pubblicato anonimo nel 1777 con il titolo The Champion of Virtue, prima di apparire con il titolo corrente nel 1778. La storia, ambientata nell’Inghilterra medievale, segue le avventure di Sir Philip Harclay, che al suo ritorno si trova a dover affrontare una terribile situazione: il castello e la proprietà dell'amico Lord Lovel sono stati usurpati. Una serie di rivelazioni, tradimenti e orrori culmina, in una scena di lotta tra il bene e il male, con la restituzione del maltolto. La Reeve morirà a Ipswich il 3 dicembre 1807.


Dalla biografia dell’autrice, lo scrittore americano Thomas M. Disch ne trarrà un romanzo gotico sui generis: Clara Reeve (1975). Scritto sotto lo pseudonimo di Leonie Hargrave, Clara Reeve è un romantico e Shelleyiano omaggio al romanzo gotico e a quello vittoriano. Thomas Disch, noto autore di Science Fiction, horror e mystery, con Clara Reeve si è voluto cimentare anche nel gotico classico. La storia è narrata in prima persona dalla Reeve, che incarna il prototipo dell’ingenua eroina con la vita difficile e ardimentosa. Clara si trova, fin dalle prime battute, in un vortice di eventi misteriosi, che vanno dai sospetti sul nuovo marito di sua zia Lydia, ai segreti di Niles Visconti, che Clara sposa subito dopo.


© Violet Blunt 2011

venerdì 25 febbraio 2011

Zofloya (1806)

di Violet Blunt


Charlotte King (1782-1841), primogenita di John King, uno scrittore radicale ben conosciuto a Londra, è uno dei pilastri del romanzo gotico inglese. Charlotte, nota ai più come Charlotte Dacre, si firmò inizialmente come Rosa Matilda, e più tardi adottò un secondo pseudonimo per confondere i suoi critici. Figlia di due divorziati (il padre sposò in seconde nozze la contessa di Lanesborough) Charlotte, nel 1806, alla morte della moglie del padre, sposò  Nicholas Byrne, da cui aveva già avuto tre figli, un editore che sarebbe poi diventato un socio fondatore del quotidiano londinese The Morning Post, sulle cui pagine furono pubblicate le poesie della Dacre.

Come autrice di romanzi, Charlotte Dacre rappresenta le sue eroine diversamente dai suoi contemporanei: creature aggressive, piene di passione, mosse da forti desideri sessuali e grandi ambizioni. Tra i suoi  romanzi principali, è Zofloya il più conosciuto. Romanzo che apparve nel 1806, venne tradotto in tedesco e in francese e che le procurò da subito fama e profitto. Zofloya narra di una donna che segue, attacca brutalmente e infine uccide una ragazza che considera sua rivale in amore. Nonostante la pressante brutalità, la storia presenta la morale: le ragazze devono stare in guardia verso i pericoli della lussuria.

Nel mondo letterario, il nome di Charlotte Dacre è rimasto nell'oscurità per quasi due secoli. Ciò nonostante, le sue opere erano state ammirate da molti  grandi nomi della letteratura del tempo, e i suoi romanzi influenzarono persino Percy Bysshe Shelley, che ne stimava lo stile e le capacità creative.
© Violet Blunt 2011

giovedì 24 febbraio 2011

Il Dizionario Infernale (1818)


Il Dictionnaire Infernal (Dizionario Infernale) è un libro di demonologia, organizzato in gerarchie infernali. Fu scritto da Jacques Auguste Simon Collin de Plancy  (Plancy-l’Abbave, 20 gennaio 1793 – 6 novembre 1887) occultista, demonologo e scrittore francese. Il Dictionnaire classifica e descrive dettagliatamente tutti i 64 demoni delle varie religioni.
Fu pubblicato per la prima volta nel 1818. Seguirono diverse edizioni del libro, ma probabilmente la più famosa è quella del 1863, nella quale furono aggiunte al libro sessantanove illustrazioni. Questi disegni provano a rappresentare i demoni a partire dalla loro descrizione fisica. Molte di queste immagini furono utilizzate anche nell'edizione di S. L. MacGregor Mathers del libro "The Lesser Key of Solomon".
Collin de Plancy verrà definito (in seguito anche da Aleister Crowley), sommo filosofo del sapere proibito.

domenica 13 febbraio 2011

Salem's Lot: The movie (1979)


 di Sam Stoner

Salem’s Lot (Usa, 1979, colore, 200’)
Tobe Hooper. Con David Soul, James Mason, Bonnie Bedelia, Lew Ayres, Reggie Nalder. Ben Mears (David Soul), scrittore vedovo che si occupa di parapsicologia, cerca un appartamento nella cittadina dove un tempo viveva, ma non trova nulla e ripiega su un camera in affitto. Fa la conoscenza dell’insegnante Susan Norton (Bonnie Bedelia) e la invita a cena. Richard K. Straker (James Mason) fa trasportare una pesante cassa nella sua villa, imponendo strane precauzioni che i facchini non rispettano. Lo scrittore va a trovare il suo vecchio maestro, Jason Berk (Lew Ayres), a cui ricorda di quando da bambino entrando nella villa di Straker – allora proprietà di un certo Barlow (Reggie Nalder) – aveva visto un essere mostruoso. Quando Straker si accorge che la cassa è senza i lucchetti prescritti capisce che può succedere qualcosa: qualcuno infatti aggredisce due ragazzini nel bosco. Presto si capisce che un vampiro sta spargendo il suo contagio.

Il film intreccia un complicato insieme di trame e sottotrame con svariati personaggi per convergere poi in una tradizionale storia di vampiri. Le notti di Salem tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King e diretto da Tobe Hooper è generalmente considerato un film di culto grazie alla nobile discendenza letteraria.
Prodotto per la televisione da una major come la CBS, lo spettacolo è esageratamente violento e spaventoso. King disse: "Ho apprezzato maggiormente Le notti di Salem che non Shining". Del resto, Shining fu aspramente criticato da King per come la sceneggiatura si distaccava dl romanzo. Inoltre, il film di Hooper ha una forza che gli altri horror realizzati per la televisione non possiedono. L'atmosfera allucinatoria della pellicola fu certamente importante perché venisse apprezzata dai fan del genere, che avevano già eletto Hooper a re dell’ horror con il precedente Non aprite quella porta, anch'esso ormai diventato un classico. Riguardo gli attori, David Soul con la sua caratteristica acconciatura è un protagonista un po’ frivolo e poco credibile, ma la sua debole caratterizzazione è controbilanciata dalla presenza dell’autorevole e ambiguo James Mason, del bravo Lew Ayres e soprattutto del maligno e incredibile Reggie Nalder che nel ruolo del vampiro diventa un’icona istantanea di grande impatto, riportando il vampiro all’animalità mostruosa di Nosferatu. Che non piacque a King. Il film fu girato con un budget di 4 milioni di dollari. La location delle riprese fu Ferndale, nella California del Nord. Nel 1979 il libro di King fu ripubblicato dalla NAl/Signet Books con 8 pagine di foto tratte dal film.
L'edizione originale per la tv durava 200 minuti, divisa in 2 puntate. Fu poi ridotta a 150´ e, per il mercato europeo, a 112´, ma con l'aggiunta di brevi scene orripilanti. La versione di tre ore è disponibile in dvd.

venerdì 11 febbraio 2011

Le notti di Salem ( Salem’s Lot)



di Sam Stoner


 
 
La storia.
Lo scrittore Ben Mears torna nella cittadina natia, Salem, per esorcizzare una terribile esperienza avuta da ragazzino a Casa Marsten, misterioso edificio che domina la cittadina. Ora, Casa Marsten ha un nuovo proprietario, il sedicente signor Barlow, la cui presenza è percettibile solo dopo il tramonto…

La genesi.
Le notti di Salem (Salem’s Lot) nacque una sera del 1971 da un scambio di battute tra Stephen King e la moglie Tabitha. Quell’anno King tenne in un liceo un corso di inglese intitolato “Fantasy e Fantascienza” nel quale Dracula di Bram Stoker, che King lesse per la prima volta all’età di nove anni, fu uno dei romanzi esaminati. Quella sera, in tono scherzoso immaginò Dracula nell’America degli anni settanta invece che nella Londra di fine secolo e, ridendo, lo vide investito da un taxi a New York. Tabitha replicò:”E se venisse qui nel Maine? Se finisse in campagna? In fondo, era in campagna anche il suo castello, no?”
La mente di King si mise all’opera, come sempre è avvenuto e avviene di fronte al magico “E se…”.  Nel 1975 fu pubblicato dalla Doubleday.
Bill Thompson, all’epoca editor di King, lo definì la versione vampiresca di Peyton Place. In realtà, ben altri furono gli elementi che confluirono in Salem’s Lot: Dracula di Bram Stoker, i fumetti dell’Entertainment Comics (definiti spazzatura dalla mamma di King), la fiction naturalistica di Frank Norris, Moby Dick di Melville e I racconti della cripta. Il proposito iniziale di King fu quello di far vincere i vampiri, tanto per permettere a Dracula di prendersi la sospirata rivincita sul manipolo di raffinati britannici dediti alla scienza che lo aveva detronizzato nel romanzo di Bram Stoker. Non andò così. I protagonisti di Salem’s Lot la pensavano diversamente, ma nel settantadue, quando iniziò a scrivere il romanzo, King ancora non conosceva i loro propositi che gli furono svelati dopo le prime trecento pagine; solo in quel momento si rese conto che le cose sarebbero andate in un’altra direzione. Così, le Notti di Salem finisce per diventare un racconto ancor più ottimistico di Dracula. Ancora oggi, King è soddisfatto di questa conclusione.

Copertina originale della prima
pubblicazione di Salem's Lot
Doubleday & Company, Inc.
Garden City, New York, 1975
Curiosità.
Il titolo originario del romanzo era Second coming, stroncato dalla moglie di King perché sembrava il titolo di un manuale di sessuologia. Così, si optò per Jerusalem’s Lot, ma visto il carattere troppo religioso del secondo titolo si arrivò a Salem’s Lot.
La prima pubblicazione del 1975 delle Notti di Salem, oggi ha raggiunto un valore di 450 euro.
Un elemento di Dracula di Bram Stoker che King volle inserire nelle Notti di Salem fu la presenza dei topi o, meglio, l’uso degli stessi che ne fa Stoker (secondo la dottrina vampiresca gli animali minori: come i ratti sono comandati dal vampiro). Purtroppo, la scena che li vedeva protagonisti fu eliminata dietro consiglio di Bill Thompson, perché giudicata eccessivamente forte. E tale era, come ammise lo stesso King. Tuttavia, nelle prime trecento pagine rimasero gli accenni ai topi che King aveva introdotto per giustificare la scena poi tagliata. Questi si trovano nella discarica, appositamente inserita da King per topi. Ancora oggi, King riceve lettere in cui i lettori gli chiedono se si sia dimenticato dei ratti…

Versione cinematografica


© 2011 by Sam Stoner

Fonti
Danze Macabre, Sperling & Kupler, 2006; Le notti di Salem, Sperling & Kupler, 2007

sabato 5 febbraio 2011

Frankenstein in scena a Londra

di Violet Blunt

Benedict Cumberbatch
Scritta da Nick Dear e basata sul romanzo di Mary Wollstonecraft Shelley, è in scena a Londra la pièce teatrale Frankenstein.
Londra è già tappezzata di manifesti che promuovono il caso teatrale dell'anno, diretto dal pluripremiato regista di The Millionaire, Danny Boyle.

Frankenstein, la stabiliante e grottesca creatura che ha terrorizzato ma anche impietosito i lettori prima, e poi gli spettatori nelle sale cineamatografiche, ora arriva al National Theatre. All I ask is the possibility of love! chiede la creatura, tornando a interrogare l'uomo, lo scienziato, che le ha dato la vita apparentemente senza curarsi delle conseguenze di quel gesto sconsiderato. L'adattamento di Frankenstein per il teatro è di Nick Dear, mentre a impersonare la creatura ci saranno due star dello schermo: Benedict Cumberbatch (l'eccezionale Sherlock della BBC, vedi foto) e Johnny Lee Miller (Trainspotting). 

Slowly I learnt the ways of humans: how to ruin, how to hate, how to debase, how to humiliate. And at the feet of my master I learnt the highest of human skills, the skill no other creature owns: I finally learnt how to lie.

La prima mondiale è prevista per mercoledì 13 aprile alle 19.30  al National Theatre... se fate un salto a Londra, val la pena andare a dare un'occhiata!

© Violet Blunt 2011

venerdì 4 febbraio 2011

Il Romanzo Gotico

di Violet Blunt


Caspar David Friedrich, Abbazia nel Querceto, 1810

Il romanzo gotico ebbe uno sviluppo incredibile in Gran Bretagna a partire dalla fine del '700 in seguito all'enorme successo di The Castle of Otranto (Il Castello di Otranto, 1765) di Sir Horace Walpole. La produzione di romanzi appartenenti a questo genere letterario si era formata in conseguenza all'interesse per le epoche barbariche e medievali e per le trame complesse e a tinte fosche. Nel suo incipit, Il Castello di Otranto si definiva un libro raro trovato a Napoli nel 1529 e narrava le vicende, svoltesi tra il XII e il XIII secolo,  relative all'ascesa e alla caduta di un usurpatore. L'opera, sebbene non brillasse dal punto di vista letterario, definì di fatto le principali caratteristiche del genere gotico:
  1. suspense
  2. mistero e orrore
  3. paesaggi esotici e selvaggi
  4. brughiere desolate e lande sinistre
  5. luoghi inaccessibili
  6. antichi castelli pieni di passaggi segreti e prigioni sotterranee
  7. presenze paranormali
Molti autori, soprattutto donne, imitarono e fecero fiorire il romanzo gotico. Vanno ricordate: Clara Reeve (1729-1807); Sophia Lee (1750-1824). Ma l'autrice più prolifica e famosa, che poté vivere della sua produzione letteraria fu sicuramente Ann Radcliffe (1764-1823). I suoi romanzi, The Mysteries of Udolpho (1794), ambientato in un castello sugli Appennini nel 1300, e The Italian (1797), storia di un diabolico frate inquisitore, benché abbiano trame artificiose, barocche, personaggi e situazioni incredibili, mostrano un talento naturale della Radcliffe nelle narrazioni cariche di suspense, mistero e terrore. La sua capacità di creare atmosfere sinistre ed evocative la si ritroverà in Matthew Gregory Lewis (1782-1824) con The Monk del 1796 e Mary Wollstonecraft Shelley (1797-1851) con Frankenstein del 1817.

© Violet Blunt 2011

lunedì 31 gennaio 2011

160 anni fa moriva Mary Shelley

Il 1° febbraio di 160 anni fa muore a Londra Mary Godwin Shelley, la creatrice d Frankenstein.

Figlia del filosofo utilitarista William Godwin e della filosofa femminista Mary Wollstonecraft, che è morta dandola alla luce, Mary a 17 anni fugge con il poeta Percy Bysshe Shelley, già sposato.
Dopo aver girato per tutta l'Europa, la coppia ritorna in Inghilterra. Mary è incinta ma partorirà una bimba che poi morirà di lì a pochi giorni. Nel 1816, Mary e Percy riescono a sposarsi solo dopo il suicidio della moglie di lui. Mary morirà nel 1851, stroncata da una lunga malattia.

Solo dopo il 1970 le sue opere verranno riscoperte dalla critica.

domenica 30 gennaio 2011

The Vampyre (1819)


Frontespizio dell’edizione originale del 1819
di Sam Stoner

È davvero singolare come due dei più terribili "mostri" letterari, Frankenstein e il Vampiro, siano nati nello stesso istante e luogo, esattamente in una sera piovosa e fredda del giugno 1816 a Villa Diodati, in Svizzera. Lì, cinque persone decisero di dar vita a storie da brivido. Si trattava di Lord Byron, Shelley e la sua futura moglie Mary, Claire Clairmont, sorellastra di Mary e John William Polidori, medico personale di Byron. Proprio dalla "penna" di quest’ultimo prese vita The Vampyre, archetipo di ogni futuro vampiro…
Chi era J.W. Polidori
Ritratto di J.W. Polidori
J.W. Polidori nacque in Inghilterra nel 1795; era figlio di un italiano emigrato, Gaetano Polidori, che svolse, per qualche tempo, l’attività di segretario di Vittorio Alfieri. J.W. si laureò in medicina all’Università di Edimburgo a soli diciannove anni. Byron lo conobbe e lo volle con sé come medico personale. Sodalizio che terminò malamente nel settembre del 1816. Tre anni più tardi fu dato alle stampe The Vampyre. Nel 1821 Polidori,  rovinato  dai  debiti  di  gioco,   si  uccise  con  l’acido prussico.
L’antefatto
Villa Diodati, con sale evocatrici di illustri memorie (vi aveva soggiornato Milton), il paesaggio con le montagne sovrastanti, il lago e il cielo tempestoso era il luogo perfetto per quell’esperimento letterario che produsse Frankenstein di Mary Shelley e un racconto appena abbozzato di Byron. Racconto carico di suspense il cui protagonista è così enigmatico e oscuro in punto di morte che il lettore si aspetta invano sconcertanti e mirabili conclusioni. Il racconto non venne mai portato a termine: Byron accantonò il manoscritto e forse lo dimenticò. Polidori, invece, non lo dimenticò affatto. Dopo la rottura con Byron, che lo licenziò perché ormai insopportabile, iniziò a frequentare il salotto di una nobildonna russa, la contessa di Bruess. A lei, Polidori, aveva confidato di voler scrivere quella storia che Byron aveva appena abbozzato. La Breuss aveva apprezzato molto l’idea e aveva sollecitato l’amico a scriverla nel più breve tempo possibile. Dopo due giorni, Polidori le aveva consegnato il manoscritto. Quest’ultimo finì nelle mani di un’amica della contessa che lo fece avere all’editore Henry Colburn che lo pubblicò nell’aprile del 1819 sotto il nome di Lord Byron in "The New Monthly Magazine". The Vampyre fu subito un successo, in Inghilterra e in Europa, persino Goethe disse che era una delle cose migliori di Byron. La smentita arrivò il 27 aprile. Byron dichiarò di non essere l’autore di quel racconto e che era stato plagiato da un suo lavoro. A Polidori non restò che ammettere pubblicamente sul "Morning Chronicle" che l’idea era stata presa da Byron, ma che l’intero sviluppo del racconto era tutto suo. La vicenda si concluse senza ulteriori polemiche.
Il racconto
The Vampyre è dichiaratamente un’opera di imitazione: Polidori prende da Milton come dalla Radcliffe, dalle leggende popolari e dalla tradizione del "gotico", componendo abilmente gli elementi dell’orrore. La sua originalità è nel calare il "cattivo" nella quotidianità. Il suo vampiro non abita in un castello ma è un gentiluomo che frequenta i salotti londinesi capace di sedurre dame e abile nel gioco d’azzardo. A ben guardare il suo "cattivo" altri non è che Byron. Un Byron malvagio quanto seducente che assume i tratti del mostro (la rivincita di Polidori per essere stato scacciato). Altro elemento di unicità è la vittoria del male sul bene. Il suo Vampiro non soccombe al bene come avviene in Carmilla o in Dracula, ma trionfa.

 
© 2011 by Sam Stoner    
 
Fonti:
The Diary of dottor John William Polidory 1816; lettere e diari di Lord Byron e di Mary Shelley.

venerdì 28 gennaio 2011

L'Estate Stregata di Ivan Passer

a cura di Cornelia van de Kamp

L’Estate stregata ° (Haunted Summer, Usa 1988, col. 118’) Ivan Passer. Con Eric Stoltz, Philip Anglim, Laura Dern, Alice Krige, Alex Winter. Nel 1816 si riunisce in Svizzera un comitiva di giovani geni dissoluti: il poeta Shelley (Stoltz), nudista e assatanato; la sorellastra Claire (Derrn); l’amante Mary (Krige); il poeta Byron (Anglim), oppiomane; e il suo tirapiedi Polidori (Winter). Non sapendo come passare il tempo, decidono di raccontarsi storie paurose: ne uscirà fuori, tra l’altro, Frankenstein. La storia in versione bigino, la trasgressione in formato cartolina: Passer, un tempo regista di qualche ambizione, riesce a far peggio anche di Ken Russell che, sullo stesso quintetto, aveva girato Gothic. Fotografia leccata di Giuseppe Rotunno. Produce la Cannon, che andò in rovina grazie anche a bidoni come questo. (Il Mereghetti, Dizionario dei Film, Baldini  & Castoldi).
Haunted Summer (1988) C-106m. **1/2 D: Ivan Passer. Philip Anglim, Laura Dern, Alice Krige, Eric Stoltz, Alex Winter. Flawed film version of Anne Edwards’ novel about the fabled and emotional meetings between poets Lord Byron and Percy Shelley, novelist Mary Godwin, and Dr. John Polidori in Italy in 1816. The psychedelic ‘60s had nothing on this “summer of love” and experimentation. Beautifully filmed, and better than Ken Russell’s similar GOTHIC, but it’s still forced and unconvincing. ® (Leonard Maltin’s 2011 Movie Guide, Signet).

Gothic di Ken Russell

Gothic *1/2 (Gothic, Gb 1986, col, 90’) Ken Russell. Con Gabriel Byrne, Julian Sands, Natasha Richardson, Miriam Cyr, Timothy Spall. Giochi proibiti tra intellettuali maledetti: il 16 giugno 1816, in una villa sul lago di Ginevra, Lord Byron (Byrne), il dottor Polidori (Spall) e Mary Godwin-Shelley (Richardson) si sfidano a un duello letterario nutrito dal laudano, da cui nascono Frankenstein e Il Vampiro. Percy Shelley (Sands) si limita a uscir nudo sui tetti fra tuoni e lampi. Il barocco Russell, alle prese con il gotico, dimostra meno ironia che in altre occasioni né lo aiuta la sceneggiatura di Stephen Volk. Il risultato è un caleidoscopio di incubi ed effettacci di diversa qualità (banali gli omaggi a Fussli), zoppicante dal punto di vista narrativo. Notevole il debutto della Richardson, figlia di Vanessa Redgrave e Tony Richardson. Deludenti le musiche di Thomas Dolby. Le dissolutezze di Byron e soci hanno ispirato anche L’estate segreta (1988) e Frankenstein oltre i confini del tempo (1990).  (Il Mereghetti, Dizionario dei Film, Baldini  & Castoldi).

Gothic (1986 - British) C-90m. ** D: Ken Russell. Gabriel Byrne, Julian Sands, Natasha Richardson, Miriam Cyr, Timothy Spall. That night in 1816 when Mary Shelley (author of Frankenstein) and Dr. Polidori (The Vampyre) were inspired to write their Gothic classics – previously depicted in THE BRIDE OF FRANKENSTEIN – is given the wild Ken Russell treatment here. Too weird for some, too highbrow for many horror fans, but full of Russell’s hallucinatory visuals. Same story was told two years later in HAUNTED SUMMER ® (Leonard Maltin’s 2011 Movie Guide, Signet).

Frankenstein; or The Modern Prometheus (1818)

 

Frankenstein; or The Modern Prometheus (1818) è un classico dell’orrore di tutti I tempi. Composto in seguito a una gara tra Mary Shelley, il marito Pierce Shelley, Lord Byron e il dottor John William Polidori per stabilire chi fosse il più bravo nel creare racconti dell’orrore, il Frankenstein della signora Shelley fu l’unica delle opere in competizione ad essere compiutamente completata. Il romanzo, a tratti pervaso ma non guastato da un certo moralismo didascalico, narra di un essere umano artificiale messo insieme con pezzi di cadaveri da Victor Frankenstein, un giovane studente svizzero di medicina. Ideato dal suo creatore “in preda alla folle superbia dell’intelletto”, il mostro è dotato d’intelligenza ma ha un aspetto spaventosamente disgustoso. Viene respinto dal consorzio umano, ed esacerbato comincia infine ad uccidere tutti coloro che il giovane Frankenstein ama di più, amici e familiari. Chiede a Frankenstein di creargli una moglie; e quando infine lo studente si rifiuta per paura che il mondo possa popolarsi di simili mostri, se ne va minacciando sinistramente “di essere con lui nella sua prima notte di nozze”. Quella notte la sposa viene strangolata, e da allora Frankenstein dà la caccia al mostro fino nelle remote distese dell’Artico. Alla fine, mentre cerca rifugio sulla nave dell’uomo che racconta la storia, lo stesso dottor Frankenstein viene ucciso dallo sconvolgente oggetto della sua ricerca e creazione del suo orgoglio superbo. Alcune scene di Frankenstein  sono indimenticabili, come quando il mostro appena animato entra nella stanza del suo creatore, scosta le tende attorno al letto, e lo scruta nel giallo chiaro di luna con occhi acquosi, “se quelli si possono chiamare occhi”.
H. P. Lovecraft