domenica 30 gennaio 2011

The Vampyre (1819)


Frontespizio dell’edizione originale del 1819
di Sam Stoner

È davvero singolare come due dei più terribili "mostri" letterari, Frankenstein e il Vampiro, siano nati nello stesso istante e luogo, esattamente in una sera piovosa e fredda del giugno 1816 a Villa Diodati, in Svizzera. Lì, cinque persone decisero di dar vita a storie da brivido. Si trattava di Lord Byron, Shelley e la sua futura moglie Mary, Claire Clairmont, sorellastra di Mary e John William Polidori, medico personale di Byron. Proprio dalla "penna" di quest’ultimo prese vita The Vampyre, archetipo di ogni futuro vampiro…
Chi era J.W. Polidori
Ritratto di J.W. Polidori
J.W. Polidori nacque in Inghilterra nel 1795; era figlio di un italiano emigrato, Gaetano Polidori, che svolse, per qualche tempo, l’attività di segretario di Vittorio Alfieri. J.W. si laureò in medicina all’Università di Edimburgo a soli diciannove anni. Byron lo conobbe e lo volle con sé come medico personale. Sodalizio che terminò malamente nel settembre del 1816. Tre anni più tardi fu dato alle stampe The Vampyre. Nel 1821 Polidori,  rovinato  dai  debiti  di  gioco,   si  uccise  con  l’acido prussico.
L’antefatto
Villa Diodati, con sale evocatrici di illustri memorie (vi aveva soggiornato Milton), il paesaggio con le montagne sovrastanti, il lago e il cielo tempestoso era il luogo perfetto per quell’esperimento letterario che produsse Frankenstein di Mary Shelley e un racconto appena abbozzato di Byron. Racconto carico di suspense il cui protagonista è così enigmatico e oscuro in punto di morte che il lettore si aspetta invano sconcertanti e mirabili conclusioni. Il racconto non venne mai portato a termine: Byron accantonò il manoscritto e forse lo dimenticò. Polidori, invece, non lo dimenticò affatto. Dopo la rottura con Byron, che lo licenziò perché ormai insopportabile, iniziò a frequentare il salotto di una nobildonna russa, la contessa di Bruess. A lei, Polidori, aveva confidato di voler scrivere quella storia che Byron aveva appena abbozzato. La Breuss aveva apprezzato molto l’idea e aveva sollecitato l’amico a scriverla nel più breve tempo possibile. Dopo due giorni, Polidori le aveva consegnato il manoscritto. Quest’ultimo finì nelle mani di un’amica della contessa che lo fece avere all’editore Henry Colburn che lo pubblicò nell’aprile del 1819 sotto il nome di Lord Byron in "The New Monthly Magazine". The Vampyre fu subito un successo, in Inghilterra e in Europa, persino Goethe disse che era una delle cose migliori di Byron. La smentita arrivò il 27 aprile. Byron dichiarò di non essere l’autore di quel racconto e che era stato plagiato da un suo lavoro. A Polidori non restò che ammettere pubblicamente sul "Morning Chronicle" che l’idea era stata presa da Byron, ma che l’intero sviluppo del racconto era tutto suo. La vicenda si concluse senza ulteriori polemiche.
Il racconto
The Vampyre è dichiaratamente un’opera di imitazione: Polidori prende da Milton come dalla Radcliffe, dalle leggende popolari e dalla tradizione del "gotico", componendo abilmente gli elementi dell’orrore. La sua originalità è nel calare il "cattivo" nella quotidianità. Il suo vampiro non abita in un castello ma è un gentiluomo che frequenta i salotti londinesi capace di sedurre dame e abile nel gioco d’azzardo. A ben guardare il suo "cattivo" altri non è che Byron. Un Byron malvagio quanto seducente che assume i tratti del mostro (la rivincita di Polidori per essere stato scacciato). Altro elemento di unicità è la vittoria del male sul bene. Il suo Vampiro non soccombe al bene come avviene in Carmilla o in Dracula, ma trionfa.

 
© 2011 by Sam Stoner    
 
Fonti:
The Diary of dottor John William Polidory 1816; lettere e diari di Lord Byron e di Mary Shelley.

Nessun commento:

Posta un commento